Paolo Salvietti: “Vero sport, fatica, amicizia: questa è la Canottieri Comunali Firenze”
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Se è vero che l’abito non fa il monaco, ecco spiegati i tanti successi della Canottieri Comunali!
Un po’ di autoironia non guasta mai e… guai a montarsi la testa. La nostra sede non ha il look di un circolo esclusivo, non ci sono il ristorantino o la sauna e, al posto del bar, ci sono tre macchinette automatiche. A tutta prova, però, è un posto dove si fa sport davvero.
Matteo Galligani, atleta della CCF, ha raccolto la testimonianza di un altro illustre sportivo e nostro socio benemerito, l’azzurro alle Olimpiadi di Montreal del 1976 e pagaiatore della CCF Paolo Salvietti. Con parole schiette, dettate dal cuore, Paolo ricorda a tutti qual è il nostro spirito, l’anima di questa gloriosa società, il motore che spinge decine di atleti ogni giorno sulla canoa, e il fuoco di amicizie vere, sincere. E se abbiamo qualche toppa qua e là, chi se ne importa….
“Andare in una Società come la Canottieri Comunali, dove le pareti della palestra sono in cemento ruvido e non sono rivestite in un certo modo, come può essere una palestra al top su Firenze, mette per forza in difficoltà economica la Società. Tante persone preferiscono andare ad allenarsi in una palestra di “grido”, di nome, che tutti i giorni è presente sulle strade cittadine con delle pubblicità, rispetto ad una Società come la Canottieri Comunali, che in fondo ha le cose più semplici per muoversi, forse le cose più belle. Io paragonerei la Comunali ad una società di podismo, dove invece delle scarpette hai bisogno soltanto di una canoa. Al contrario oggi, spesso, c’è bisogno di attività sportive in cui si fanno cose in modo esagerato; invece lo sport, e soprattutto la canoa, non è esagerato”.
Oltre le coppe e le medaglie, oltre l’alloro e quasi sempre lontano dalla luce dei riflettori, ogni giorno alla Canottieri Comunali cresce qualcosa che cambia ragazzini e ragazzine in uomini e donne, che tiene insieme vecchi equipaggi e ne forma di nuovi.
“Canottieri Comunali vuol dire Amicizia, un amicizia che va oltre i risultati, e lo dico con immodestia, ma spesso le persone mi chiedono quanti titoli ho vinto ed io ci devo pensare, invece mi ricordo subito i volti dei miei compagni, oltre ovviamente a mio fratello, con cui non solo ho gareggiato, ma con cui sono cresciuto grazie allo sport. Mi ricordo delle cose piccole anche con i compagni con i quali ho ottenuto meno risultati. Però so che il fatto di gareggiare su un equipaggio ti porta nella vita a sentirti sempre in doppio con l’altra persona! Io tutt’ora, a sessant’anni, se mi trovo in difficoltà spirituale, morale eccetera, so di avere degli amici con i quali condividere qualcosa di importante.”
Un ringraziamento a Matteo Galligani per aver raccolto questa bellissima testimonianza e per averla condivisa con tutti noi.